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sabato 23 giugno 2012

Le perversioni sessuali, dott.ssa SARA BRASCHI. Psicologa, psicoterapeuta

RINGRAZIAMO VIVAMENTE LA DOTT.SSA BRASCHI, PER L'OSPITALITà ALLA SUA PREGEVOLISSIMA OPERA. LE PERVERSIONI SESSUALI E’ difficile classificare un comportamento perverso, il significato cambia nelle diverse culture e nelle diverse religioni. Secondo il codice biologico, è perverso ogni comportamento sessuale non finalizzato alla riproduzione; secondo il criterio medico, sono corretti tutti quei comportamenti sessuali che portano piacere a sé e agli altri, per cui dove non c’è il piacere c’è la perversione. Non si può definire il concetto di perversione sessuale guardando solo i comportamenti ma dobbiamo guardare anche l’aspetto psichico delle persone, come un comportamento si produce in una data persona in un dato contesto, nel suo funzionamento interno. Il comportamento sessuale perverso rappresenta la fase finale, non indispensabile, di una fantasia perversa, ritualistica, precedente alla messa in atto, che è un copione rigido risalente a tempi molto remoti, anche alla primissima infanzia. Se si inserisce un trauma nel percorso evolutivo dell’individuo, si causa una fissazione sia della libido che dell’aggressività: la perversione è una questione pulsionale ma la pulsione maggiormente coinvolta non è tanto la libido quanto l’aggressività. La perversione come la forma erotica dell’odio. I traumi fanno parte della vita di ognuno di noi: ogni tappa evolutiva la superiamo superando dei traumatismi. Per le persone perverse, il trauma ha avuto una componente sessuale con un mix di sadismo ed erotismo. Questo trauma è avvenuto in un momento evolutivo particolare, nella fascia pre-edipica, e il percorso fino a quel momento è stato un percorso frustrante (ad esempio nel caso di una madre depressa). Poi occorre che il bambino incontri una persona che abbia una personalità perversa, che gli infligga un trauma trasmettendogli l’odio per l’oggetto (ad esempio, adulti che erotizzano le punizioni perché le trovano eccitanti): il bambino coglierà l’erotizzazione dell’esperienza per lui fortemente umiliante, senza distinguere tra piacere e odio. Solo una parte della personalità del bambino si fisserà su questi aspetti: il perverso è socialmente integrato, lavora, ha amici, interessi, è antisociale solo nel comportamento sessuale. Il bambino, da adulto, rimetterà in atto lo stesso trauma ma dominando, ottenendo l’espulsione da sé del trauma non elaborato e raggiungerà il piacere solo attraverso questa espulsione che sarà temporanea: la perversione diventa, in questo caso, necessaria alla sopravvivenza di questa persona in mancanza di un’elaborazione psicologica del trauma antico. Il perverso produce con l’altra persona una relazione perversa: individua nell’altro una zona inconscia irrisolta, si inserisce in quest’area di fragilità e si appropria della capacità di fantasmatizzazione dell’altro che, privato di fantasie, assume quelle del perverso. L’altro non ha più una mentalizzazione propria, una capacità di produrre fantasie proprie, la percezione di un Sé autonomo: chi viene maltrattato, ad esempio, pensa che l’altro faccia bene a picchiarlo, pensa con la testa dell’altro, agisce come un personaggio del perverso e il pubblico è rappresentato dall’Io del perverso che si scinde in la vittima che fu e il perverso stesso. Il comportamento perverso viene messo in atto per non affrontare l’angoscia del trauma, per negarla: il perverso chiede un sostegno psicologico se costretto, la vittima può, con il tempo, arrivare a chiedere aiuto. Tra il perverso ed il partner esiste una relazione di dipendenza dove il partner asseconda il perverso e le sue fantasie pur non provando piacere: se il partner condividesse realmente le fantasie del perverso, se ne derivasse piacere, il perverso interromperebbe la relazione. Nelle fantasie del perverso, nel trauma che il perverso rimette in atto, l’altro non prova piacere ma soccombe all’odio che il partner nutre verso di lui. Spesso le vittime chiedono aiuto in modo indiretto, vivono nell’ambivalenza (“Mi fa male” – “Lo amo”), si identificano con l’aggressore, introiettano il senso di colpa dell’aggressore che non lo avverte ma lo proietta inconsciamente nella vittima. Il senso di colpa è dentro ogni vittima che pensa di aver provocato l’aggressore e, spinta dalla sua apparente colpa, dall’odio che nutre per se stessa, si espone inconsapevolmente al perverso. Nelle perversioni si parla di: a. Variazioni della meta/scopo: - esibizionismo e voyeurismo: nascono dal bisogno di dominare l’altro, imponendogli la vista dei propri genitali o sfruttando la sua immagine per il proprio piacere. Regressione a stadi evolutivi primitivi quando mostrarsi e guardare era l’unico modo per entrare in rapporto con gli altri; - masochismo: il masochista, per eccitarsi sessualmente, ha bisogno di un partner aggressivo che lo umili e gli provochi dolore durante i rapporti anche se non è tanto il dolore quanto l’umiliazione, il sentirsi sottomesso, che lo gratifica. In questo modo si trasforma in vittima e può accusare l’aggressore controllando così le proprie tendenze auto-punitive; - sadismo: il sadico vuole dominare, umiliare l’altro, infliggendo dolore e la vittima si deve difendere e soffrire (per questo il masochista non è il partner ideale). E’ violento sia verbalmente che con i suoi comportamenti, taglia i capelli, usa il fuoco, la frusta ecc. Nel sadomasochismo i partner si scambiano i ruoli; il sadismo e il masochismo possono essere presenti anche nella stessa persona: il sadico si identifica nella vittima e, oltre a sottomettere, si sente sottomesso; - omicidio seriale sessuale; - saliromania (attrazione pronunciata per le feci e l’immondizia); - coprofagia, coprolalia (mangia feci; ama dire parolacce); - feticismo: nel feticista è l’odio per l’oggetto che lo porta ad eliminarlo, ad eliminare la persona, assumendo una parte di essa che diventa il feticcio (il seno, la biancheria, i piedi ecc.). Nelle prime esperienze di vita l’altro non è percepito nella sua totalità ma parzialmente e il bambino investe nella parte, nel seno della madre. I feticci possono essere usati dal feticista, dalla partner o solo contemplati, ma i feticci possono essere anche alcuni eventi, luoghi; - cleptomania; - piromania; - pornografia compulsiva; - stupro; - ricorso alla prostituzione. b. Variazioni dell’oggetto: - zoofilia (con animali); - necrofilia: il necrofilo (uomo) raggiunge soddisfazione sessuale con un cadavere donna della cui morte non è responsabile; l’uomo diventa dominatore, trasformando le sue sconfitte infantili; - gerontofilia (con i vecchi); - pedofilia: l’attrazione sessuale verso bambini o ragazzi di entrambi i sessi. Il pedofilo si pone nella condizione del bambino trasformando se stesso in una madre seduttiva per ricucire il legame con sua madre. Il pedofilo, spesso, ha subìto in passato analoghi abusi. c. Variazioni del ruolo: - travestitismo: si tratta di un eterosessuale che si eccita quando indossa gli abiti dell’altro sesso anche se il travestito non percepisce psicologicamente una sessualità diversa da quella sua anatomica. L'uomo eterosessuale, ad esempio, si veste da donna per creare in sé un eccitamento sessuale che porta ad un rapporto sessuale eterosessuale o alla masturbazione. Il lavoro clinico con i travestiti rivela che, quando si travestono da donna, esperiscono in genere qualche grado di fusione con l'immagine materna intrapsichica. d. Variazioni dell’identità sessuale: - transessualismo: spostamento del sentimento dell’identità di genere fino all’identificazione con l’altro sesso che comporta un sentimento di estraneità per il proprio corpo, un totale rifiuto per i propri genitali, un forte desiderio di ottenere una trasformazione sessuale attraverso l’intervento di riattribuzione chirurgica del sesso (RCS) per adeguare il sesso fisico con il sesso psichico. Ognuno di noi ha un’identità di genere nucleare, un abbozzo su cui costruiremo il nostro Sé e, dopo i primi mesi di vita, l’identità di genere nucleare viene prodotta e rinforzata dalla madre che ha la sua identità di genere nucleare femminile. La madre del transessuale ha un’identità di genere incerta, espropria l’identità nucleare del figlio e vi immette la propria femminilità creando un falso Sé e il bambino risponde con un investimento assoluto, si instaura una completa identificazione con la madre e il bambino si svilupperà con un’identità di genere femminile: forte simbiosi tra madre e figlio. Nel caso di transessualismo femminile, dove la donna si sente un uomo, l’insorgenza è tardiva. Nella prima infanzia, il padre tratta questa bambina con competitività piuttosto che con seduttività, le insegna la competizione e, contemporaneamente, c’è poca intimità tra la bambina e sua madre. Bibliografia: - Rifelli G., lezioni di “Psicologia e Psicopatologia del comportamento sessuale, corso di laurea in Psicologia, anno 2000-2001, Università di Bologna; - Rifelli G., Moro P., Sessuologia clinica. Vol. I: Sessuologia generale, Clueb, 1989

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