Missione Rosetta, cosa ha scoperto Philae sulla sua cometa
Nei momenti di attività che
hanno seguito l’arrivo del lander di Rosetta sulla cometa gli strumenti a
bordo hanno acquisiti dati preziosi per capire la natura di questi
“relitti” del Sistema solare primitivo
Mentre la sonda dell’Esa Rosetta si prepara a non perdersi il grande evento – come cambia la cometa avvicinandosi al perielio, il punto più vicino al Sole nell’orbita di 67P/Churyumov–Gerasimenko – nuovi dati sul corpo celeste arrivano da uno speciale che la rivista Science pubblica questa settimana. Sette paper che fanno il punto su quello che ha scoperto Philae, il lander protagonista dello storico sbarco sulla cometa lo scorso 12 novembre. Lander che negli ultimi giorni, come vi avevamo raccontato,
ha sofferto di alcune difficoltà nei tentativi di comunicazione, ma che
ha permesso agli addetti ai lavori di mettere da parte una mole enorme
di dati, svelando da vicino la natura delle comete come mai prima. Ecco gli ultimi riassunti nello speciale.Il terreno di atterraggio
Sappiamo che il lander ha avuto un atterraggio un po’ rocambolesco, per così dire, saltando dalle zone inizialmente previste per l’atterraggio, posizionandosi poi in un’area più dura di quella programmata. Analizzando le caratteristiche del rimbalzo del lander e dei dati acquisiti dagli strumenti a bordo, il team di Jens Biele ha dedotto che il primo contatto di Phiale (con il sito Agilkia) sia stato con una superficie granulare relativamente morbida, poggiante su uno strato più duro, mentre il sito di atterraggio finale (Abydos) è stato con una superficie dura, in grado di spiegare probabilmente i problemi di arpionaggio di cui ha sofferto il robottino.
Evidenziati i “rimbalzi” del lander e la conformazione del territorio (foto: ESA/ROSETTA/NAVCAM/SONC/DLR)
La composizione della cometa
Com’è fatta e di cosa è fatta 67P? Per rispondere alle domande diversi sono stati gli strumenti del lander al lavoro. Attraverso Consert, per esempio, il team di Wlodek Kofman si è concentrato sulle caratteristiche dell’interno della cometa che, a quanto pare, sembra piuttosto uniforme, almeno per quanto concerne le testa di 67P. A suggerirlo l’assenza di scattering (dispersione) nei segnali elettromagnetici inviati verso l’interno della cometa.
I dati elettromagnetici hanno anche permesso anche di dedurre che la cometa ha un rapporto polvere/ghiaccio variabile da 0,4 a 2,6 (paragonabile a quella delle condriti carbonacee, spiegano i ricercatori) con un’alta porosità (dal 75 % all’85%). Le analisi dei dati acquisiti da Cosac invece hanno rivelato la presenza di 16 composti organici sulla cometa (molte a base di azoto ma non con zolfo). La loro presenza, seppur importante – i materiali necessari all’evoluzione della vita terrestre potrebbero essere arrivati dalle comete – non significa necessariamente che abbiam trovato qualche traccia di forme di vita aliena. Alcuni di questi composti non erano mai stati avvistati sulle comete (come l’acetone e l’acetamide).
Ai dati di Cosac si aggiungono infine anche quelli dello strumento Ptolemy, che escludono la presenza di composti aromatici sulla cometa e confermano l’assenza di composti a base di zolfo, indicando invece la possibile presenza di un polimero indotto da radiazione sulla superficie di 67P.
La vista sulla cometa
Nei momenti che hanno seguito l’atterraggio gli occhi di Philae ci hanno permesso di guardare dove mai prima avremmo potuto con un dettaglio così elevato. Così, grazie allo strumento Civa sappiamo per esempio che la superficie della cometa appare piuttosto fratturata, con ciottoli di diverse dimensioni e rocce riflettenti. Ai dati di Civa si sono aggiunti poi quelli di Rolis, grazie al quale sappiamo che, non solo è fratturato, ma il panorama che si gode dalla cometa appare anche modellato dall’erosione, come racconta il team di Stefano Mottola.
La vista della cometa durante la discesa, a circa 3 km, acquisita dallo strumento Rolis (foto: ESA/Rosetta/Philae/ROLIS/DLR)
Ma quanto fa freddo su 67P?
L’avvicinamento al Sole aumenta la temperatura della cometa (e questo, insieme alla maggior quantità di luce, sarebbe stato uno dei motivi del risveglio del lander). Ma generalmente, leggendo nei dati elaborati dal team di Tilman Spohn anche grazie allo strumento Mupus, le temperature giornaliere variavano da -183°C a -143°C nel sito di atterraggio Abydos. Malgrado le difficoltà dei sensori di penetrare nel terreno, più dure del previsto, Spohn e colleghi sono riusciti a dedurre che la superficie dove è atterrata Philae è coperta di uno strato alquanto compatto (microporoso) di polvere e ghiaccio.
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